L’Area
Grecanica, è quell'area geografica del basso Jonio reggino, che definisce quel
territorio dalle caratteristiche socio – linguistiche e culturali anticamente
appartenute alla Magna Grecia, culla secolare di quella minoranza linguistica
ellenofona di Calabria, dove ancora oggi in alcuni territori della stessa si parla il grecanico e definiti ellenofoni. L'isola ellenofona oggi
comprende i comuni di Bova, Bova Marina, Condofuri, Roghudi e Roccaforte del
Greco, nella vallata della fiumara dell'Amendolea; in quest’area, oltre la lingua, l’artigianato grecanico è l’espressione
che caratterizza le comunità che vi risiedono e che si esprime nella
cosiddetta “arte dei pastori”; un artigianato prodotto sempre in ruolo
strettamente funzionale all'aspro territorio d’appartenenza degli artigiani e
della vita quotidiana che si svolgeva in esso. Nell'arte dei pastori, dove si
sfruttava quello che il territorio poteva offrire loro mettendo in pratica il
sapere ereditato, di rilevante importanza era l’arte della tessitura, praticata dalle donne specialmente nelle giornate invernali quando non erano impegnate nei campi e
durante il tempo libero, quando non dovevano accudire ai loro figli e svolgere le faccende domestiche, fino a
sera inoltrata. I filati utilizzati per tessere erano di fibre di: lana,
ricavata dalla tosatura del bestiame; e di ginestra utilizzata in sostituzione
di fibre più pregiate come il lino e la canapa, che pur essendo ampiamente
lavorate fino agli anni ‘50 del Novecento, erano considerate materie nobili che
i più benestanti potevano permettersi. La ginestra invece che abbondava sul
territorio aspromontano era alla portata di tutti, e garantiva la tessitura
di capi da biancheria e d’abbigliamento. La produzione del filato di ginestra
era eseguita dalle donne, ricordo ancora vari racconti di nonna Elisabetta, che nel greto della fiumara dell’Amendolea preparava le fibre
per il suo filato di ginestra, da utilizzare nella tessitura delle coperte
chiamate “Vutane” o delle “Pezzare”, per tappeti e per decorare le
pareti interne della propria abitazione, al
suo telaio a pedale.
Fig. 1 _ Disegno riproduzione di una tessitrice al telaio a pedale |
Fig. 2 _ Fotografia storica di tessitrici mentre lavorano Africo Antica _ Anno di scatto 1948 _ Autore Petrelli |
Fig. 3 _ Da Sx a Dx:
Fibra di ginestra grezza: mista a scorie legnose, cardata e filata
|
I tessuti che erano prodotti per le coperte: "Vutane"di solito si presentavano a forma di teli rettangolari cuciti a tre a tre, che in alcuni casi presentavano rifiniture nei bordi con frange realizzate dello stesso filato con la tecnica della forcella o dell'uncinetto; oppure rifinite con fasce di raso.
L’arte
del tessere, che era tramandata da tenera età oralmente dalle madri, dalle
nonne, dalle zie e in alcuni casi dalle amiche di
famiglia, iniziava con piccole commissioni per poi evolversi nel trasmettere
alle giovani tessitrici la conoscenza del telaio con il suo funzionamento e la
conoscenza delle tecniche della tessitura stessa con la composizione delle
trame. Le trame della tela erano caratterizzate da forme e disegni stilizzati,
dal variegato abbinamento dei colori, vivaci e accostati senza sfumature, che
nascevano da una sorta di cantilena, e che erano come uno scrigno che custodiva
l’essenza spirituale della tessitrice con proprie conoscenze e credenze, un
aspetto conservato tutt'oggi. Dal punto di vista del disegno le forme più
comuni sono:
Mattunàrico, si ottiene dall'incrocio di esagoni convergenti su
rombi intervallati da rettangoli; dove la nota di lavorazione prevede una
suddivisione in due file da eseguirsi in perfetta alternanza
fino al completamento della tela.
Fig. 6 _ Trama con schema Cruciato |
Cruciatu, costituito da mattonelle piatte separate verticalmente e orizzontalmente da bande diritte che formano ad alternanza delle croci; anche qui la lavorazione consiste nella suddivisione in due file da eseguirsi in perfetta alternanza fino al completamento della tela.
Fig. 7 _ Trama con schema Cruciato |
Rosatu, la trama si presenta come l’intreccio di rosette disposte in modo da formare una croce. Le forme stilizzate, ottenute con una lavorazione a due file eseguite alternativamente fino al termine della tessitura della tela, somigliano a eliche e dette popolarmente “rosi”, sono tessute senza interruzioni e rendono il disegno quasi ipnotico.
Fig. 8 _ Trama con schema Telizio |
Telizio, si ha una composizione costituita da piccoli rombi concentrici e affiancati con il risultato di una decorazione netta dove spicca la forma angolare; in questo caso si predilige la decorazione detta “archiviata” che si crea con uno o più colori.
Fig. 9 _ Trama con schema Grecu |
Grecu, il susseguirsi di segmenti e depressioni riproduce un motivo ornamentale lineare e classico. La lavorazione è composta da due file che si eseguono alternativamente fino al completamento della tela. Nella tessitura questo schema di disegno è la lavorazione più comune e tradizionale, che grazie all'utilizzo di diversi colori di filato si presenta in varianti originali.
Alcune trame di questi tessuti grecanici riproducevano decorazioni neolitiche, altre erano del tutto simili a quelli prodotti in Grecia e in generale di tutti quelli prodotti nei luoghi soggetti all'influenza bizantina. La rappresentazione dei disegni, sia nella geometria sia nella stilizzazione delle forme, denota un'interpretazione popolare di rappresentazioni chiave dell'ellenismo, con una sovrapposizione di segni religiosi e simboli della vita sociale. Altri tipi di tessuti prodotti al telaio erano di filati di lana, ottenuti da una lavorazione dopo previa tosatura del bestiame, che secondo la qualità si dividevano in due generi: il panno o lana rustica formato da una qualità di lana più forte e più ruvida, che a doppio strato serviva per gli abiti e i mantelli dei massari e contadini, che avevano bisogno di un vestito caldo e impermeabile all'acqua; e la franninella, un panno più leggero formato da una lana più fine, che serviva per i vestiti del ceto medio borghese perché più fine e più da comparsa; entrambi i tessuti erano utilizzati nei mesi invernali. Con l’introduzione della produzione del baco da seta, si realizzavano due qualità di tessuti: quelli di cascame ocapisciola e quelli di seta propriamente detti. Per formare i primi c'era bisogno che i bozzoli, dopo sfarfallati, fossero bolliti e poi sfilati, mentre i secondi erano filati senza ebollizione, cosicché ne usciva un filo di seta lucido che formava i tessuti più pregiati.(1)
NOTE:
(1) Da ricerche accompagnate dai ricordi
della nonna materna Elisabetta Valastro e della nonna paterna Vincenza
Legato. Pubblicate anche in TRIOLO V., Il Quartiere Praci di Motta San Giovanni (RC). Storia, Architettura e Conservazione: linee guida per il recupero e il ripopolamento, Città di Castello (PG), GB Editoria, 2014, pp. 106 - 109. Fonti bibliografiche anche alla pagina BIBLIOGRAFIA nel presente blog.
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