30 agosto 2015

TO ARGALÌO ...

IL TELAIO PER LA TESSITURA 

Il telaio per la tessitura ha origini antichissime, utile per la realizzazione del tessuto ottenuto tramite l’intreccio di due serie di fili, tra loro perpendicolari, denominati trama e ordito. I primi telai compaiono nel neolitico e avevano una semplice intelaiatura rettangolare costruita con rami o pali di legno, messi in posizione verticale sui quali era posto in alto e perpendicolarmente, un terzo bastone, detto subbio. Da questo elemento partivano i fili dell’ordito la cui tensione era ottenuta tramite pesi in argilla o di pietra, che si sono ritrovati in numerosi scavi archeologici. 

Fig. 1_ Da Sx a Dx: Rappresentazione dell'uso del telaio nel neolitico
e ricostruzione di un telaio più evoluto dello stesso periodo storico.
L’evoluzione del telaio primitivo si conosce grazie ad alcune ceramiche greche di età classica, ne è uno splendido esempio lo Skyphos a figure rosse, in ceramica Attica, datato circa 440 a. C., oggi conservato al Museo Archeologico Nazionale di Chiusi (SI). Nella scena rappresentata sono raffigurati: Telemaco e Penelope, in primo piano, e sul fondo un raffinato telaio verticale costituito da due montanti e un architrave, in cui l’ordito è tenuto in tensione con pesi ed è separato da varie barre d’incrocio. Il motivo decorativo presenta il particolare del tessuto già costruito, decorato e avvolto intorno al subbio (rullo). 

Fig. 2 _  Skyphos a figure rosse, in ceramica Attica, datato circa 440 a. C., oggi conservato al Museo Archeologico Nazionale di Chiusi (SI). Nella decorazione: Telemaco e Penelope in primo pieno e un telaio a sistema verticale in secondo piano con tessuto già costruito. 
Un altro esempio interessante per la conoscenza del telaio e della tessitura è la ricostruzione di un telaio verticale, del tipo utilizzato dalle donne greche e quindi anche della Magna Grecia, che si conserva presso il MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI LOCRI EPIZEFIRI. La ricostruzione riproduce la decorazione che rappresenta il telaio in un vaso attico conservato a New York. I telai originali non si sono conservati fino ai giorni nostri, ma durante gli scavi archeologici sono stati ritrovati i pesi in argilla o in piombo che si usavano per farli funzionare.  


Ricostruzione di un telaio verticale, del tipo utilizzato dalle donne greche
conservato al 
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI LOCRI EPIZEFIRI
http://www.locriantica.it/default.htm
Scriveva Omero in L’antro di Itaca: << … In capo al porto un ulivo dalla lunga chioma, vicino a lui l’antro amabile, tenebroso, sacro alle Ninfe che Naiadi si chiamano... Dentro [vi] sono crateri ed anfore di pietra, dove le api serbano il miele. Lì alti telai di pietra, sui quali le Ninfe tessono stoffe color porpora, meravigliose a vedersi; lì ancora acque che sempre scorrono. Due sono le porte, l’una che scende verso Borea è per gli uomini, l’altra verso Noto, è per gli dèi; per di là non entrano gli uomini, ché è la via degli immortali >>


Nel Periodo Romano il telaio verticale si evolve ancora, alcuni erano alti due metri e larghi circa tre metri, e prevedeva l’uso dei licci per comandare l’avanzamento dei fili posteriori dell’ordito e permettere un più facile incrocio dei fili stessi. L’ordito era tenuto in tensione da pesi di terracotta di forma piramidale con foro passante; quest'evoluzione del telaio in un modello più raffinato è segnalata dallo stesso Seneca. La tipologia di telaio verticale si utilizzò anche nel Medioevo e nel Rinascimento per il confezionamento degli arazzi. Un altro tipo di telaio è quello a sistema orizzontale utilizzato già nel 3000 – 2500 a.C. a terra, dove la tensione dei fili dell’ordito era ottenuta grazie alla presenza di due subbi, disposti uno anteriormente e uno posteriormente. Questi telai orizzontali utilizzati per millenni dagli Egizi, furono in seguito utilizzati anche dai Greci e dai Romani, come dimostrano sia i loro rapporti con l'Egitto, sia perché essi stessi con la designazione di telaio verticale, mostrano di conoscere un altro tipo di telaio di struttura diversa. Il telaio orizzontale era più articolato di quello verticale; infatti, era costituito da un’incastellatura per tendere i fili dell’ordito che erano divaricati alternativamente dai licci (dal latino liciu[m] laccio). I lacci non sono altro che una serie di cordelle fra loro collegate che aprendosi ad anello accolgono il filo dell’ordito permettendo il movimento alterno in modo da dare passaggio alla navetta. Mentre i laccioli sono due asticciole orizzontali che sottendono e guidano le maglie del laccio. L’apertura ottenuta dal loro movimento è detta: passo o bocca, che permette al filo di trama, avvolto su un rocchetto e contenuto in un supporto affusolato, la navetta, di passare attraverso l’ordito. A ogni passaggio della trama, che è lanciata in un senso o nell'altro, i licci sono nel modo adatto alzati e abbassati secondo uno schema di divaricazione dei fili dell’ordito cui corrisponde un preciso disegno di tessuto, definito armatura. Nel XIII – XIV secolo, pur restando la struttura del telaio orizzontale in sostanza invariato con solo l'introduzione del pedale, l’evoluzione delle conoscenze tecniche della tessitura, portano alla realizzazione di liste figurative nel tessuto, lungo l’asse verticale, grazie a un programma manuale inserito lungo i fili dell’ordito chiamati liccetti.

             
Fig. 3 _ Tessitura, formella del Campanile di GiottoAndrea Pisano1334 1336, Firenze.
Rappresentazione scultoria della tessitura nel Medioevo.
Fig. 4 _ La Tessitura nel XIV sec.  
Fig. 5 _ Disegno di un Telaio orizzontale con pedale e particolari.
Nel Rinascimento la costruzione dei telai diviene più raffinata, fattore determinato dall'introduzione dell’utilizzo della seta. La struttura del telaio, invece, muta con la Rivoluzione Industriale, infatti, è ora meccanizzato prima con l’energia idraulica, poi con l’impiego di macchine a vapore, e automatizzato per aumentare la produttività; è nel 1894 che fu completamente reso meccanico, mentre si ha la perdita dell’uso della navetta nel 1950 quando un’azienda tedesca inizio a produrne i primi esemplari.


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UN USO IMPROPRIO DEI DATI  E PUBBLICATI E' PERSEGUIBILE DALLA LEGGE 22 APRILE 1941, N. 633 (PROTEZIONE DEL DIRITTO D’AUTORE E DI ALTRI DIRITTI CONNESSI AL SUO ESERCIZIO) E SUCCESSIVE MODIFICHE E INTEGRAZIONI.

LA TESSITURA IN CALABRIA

L'origine della tessitura in Calabria è fra le più antiche, lo dimostrano i numerosi contrappesi da telaio in terracotta, alcuni risalenti al VII - VI sec. a. C, che sono stati ritrovati in campagne di scavo archeologico; e tracce di arte greca, arrivate in Magna Grecia dalla penisola greca, ancora presenti nei capi realizzati dalle tessitrici calabresi, come il ricorrente motivo decorativo della greca. La tessitura calabrese appartiene alla storia di ogni famiglia come il telaio, simbolo della pazienza e dell’operosità femminile.

Fig. 1_ Grande Skyphos a figure rosse (Ca 440 a.C.)
con la rappresentazione di Penelope al telaio, 
conservato al Museo Archeologico di Chiusi (SI).

... Della donna è il silenzioso mistero del tempo e del creare, 
che nella paziente attesa tesse un'unicità irreperibile ...  

Diffusa ancora oggi su tutto il territorio regionale con peculiarità che variano da territorio a territorio e da popolo a popolo, la tessitura è la produzione artigianale che meglio rappresenta il multiculturalismo presente nella regione calabrese, tanto che per ogni provincia è possibile classificare diverse tipologie di prodotti tessili. Ad esempio nella provincia di Catanzaro, e in particolare a Badolato e Tiriolo, si ha: la lavorazione di scialli detti vancali; la produzione delle pezzare, che sono tessuti a strisce multicolori, utilizzate come tappeti o come decorazione delle pareti interne delle abitazioni; e la lavorazione di filati come la lana e la seta, tessuti in telai di tipo Quattrocentesco. 

Fig. 2 _ Da Sx a Dx: "Vancali" scialle da donna in seta
e la lavorazione al telaio dei "Pezzali".

Nella provincia di Cosenza sono realizzati tappeti e coperte con tecniche d'ispirazione araba, che si distinguono per i loro colori vivaci e luminosi e scene che richiamano il paesaggio del territorio locale. In questa provincia in comuni quali: S. Demetrio Corone, S. Benedetto Ullano, Falconara Albanese e Cerzeto alla fine del Quattrocento circa, si rifugiarono gli esuli albanesi, fuggiti dalle incursioni turche in patria; questi anche in terra calabra mantennero i loro usi e costumi, la lingua albanese e le loro arti, che per quanto concerne la tessitura nelle decorazioni trova richiami nella tradizione della patria balcanica, con forme e disegni che riproducono scene delle loro vicissitudini di essere stati sradicati dalla propria terra d'origine. Tali rappresentazioni nella tessitura sono arrivate ai giorni nostri tramite capi pregiati, conservatesi nel tempo, e attraverso l'uso di tramandare le tecniche per la realizzazione di queste decorazioni alle nuove generazioni di tessitrici. tra le decorazioni si distinguono: la lancia e lo scudo simboli delle armi dei guerrieri che combattevano contro i turchi, l'aquila, che è l’immagine di Scanderbeg, il principe che li guidò e che fu il loro capo e la barca che richiama il viaggio dall'Albania verso terre più sicure.

Fig. 3 _ Abiti tradizionali con decorazioni tipiche della cultura Arbëreshë.

Nella provincia di Crotone si realizzano, invece, coperte di lana con disegni tradizionali; mentre nella provincia di Reggio Calabria e in particolare nell'Area Grecanica la tessitura si esprime nella cosiddetta arte dei pastori, ancora oggi praticata, che produce tessuti comunemente nella forma di teli rettangolari che cuciti a tre a tre costituiscono le coperte chiamate vutane. Le decorazioni che caratterizzano i tessuti grecanici traggono le loro origini nell'arte bizantina, che si è consolidata nella società povera e non istruita solo per trasmissione orale. A Bova, Bova Marina, Condofuri, Roghudi, Roccaforte del Greco, San Lorenzo, Bagaladi e San Pantaleone si producevano coperte con filati di lana e ginestra; quest'ultima utilizzata in sostituzione di fibre più pregiate come il lino e la canapa. Oggi le vutane sono tessute con telaio ma solo con filati di ginestra, ottenuti con tecniche antichissime, da poche tessitrici che vivono a Bova, Bova Marina, Condofuri, Chorio di Roghudi e Roccaforte del Greco. Nella provincia reggina a Condofuri, Palizzi e Bivongi sul versante ionico e a Polistena sul versante tirrenico si tessevano  e si tessono tutt'oggi anche pezzare, utilizzate come tappeti e per decorare le pareti interne delle abitazioni. 

Fig. 4 _ Particolare Vutana, coperta di tessuto di ginestra.
Proprietà della famiglia Zindato - Valastro di Condofuri (RC), anno di scatto 2003.

Fig. 5 _ Particolare Pezzara di tessuto di ginestra.
Proprietà della famiglia Zindato - Valastro di Condofuri (RC), anno di scatto 2003.
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